Chiamata da interno 2.
- Vieni nel mio ufficio … -
Clem si alza, passa dal bagno per assicurarsi che il viso non lasci trasparire il terrore e il disgusto per quello che sarebbe toccato fare alle sue labbra di li a poco.
Tutto a posto. È bella come al solito: gli occhi riescono a mentire anche stavolta, il sorriso copre abilmente ogni timore, il passo verso la porta è quello di chi sa quello che vuole.
E Clem sa quello che vuole.
La porta si apre e lo trova alla scrivania, mollemente seduto davanti al suo Mac.
Camicia blu, la solita che tiene fuori dai jeans per coprire la pancia che sporge prepotentemente e non gli permette di avvicinarsi come vuole al tavolo.
- Avanti, avanti ... entra e chiudi la porta. A chiave. -
Silenzio.
- Sai che sei davvero sexy vestita così?
Clem lo lusinga con un sorriso di plastica.
- Ti va di giocare? Dai fammi divertire ... oggi non ho voglia di lavorare.
Annuisce, timida.
- Cosa mi faresti eh? Me lo fai quello che hai fatto al tuo fidanzato in macchina? –
Gli aveva raccontato una serata di tanto tempo fa, passata a sbronzarsi in giro per locali con Leo, il suo migliore amico e compagno di banco al liceo.
L'amicizia quella sera si era inginocchiata davanti ai goffi slanci di una passione indebolita dal ruhm. Ricordi teneri che conservava nel cassettino segreto della sua memoria.
SI era ispirata a quel ricordo per tuffarsi insieme a lui in un racconto di sesso squallido e volgare. Come piaceva a lui perche' Clem ci sapeva fare, con le parole.
Gli aveva raccontato una serata di tanto tempo fa, passata a sbronzarsi in giro per locali con Leo, il suo migliore amico e compagno di banco al liceo.
L'amicizia quella sera si era inginocchiata davanti ai goffi slanci di una passione indebolita dal ruhm. Ricordi teneri che conservava nel cassettino segreto della sua memoria.
SI era ispirata a quel ricordo per tuffarsi insieme a lui in un racconto di sesso squallido e volgare. Come piaceva a lui perche' Clem ci sapeva fare, con le parole.
Clem sorride, vuole vincere questa sfida con il suo buon senso.
Vuole sputare in faccia a tutte le lezioni di morale che le hanno riempito il cervello durante l’infanzia.
Le avevano sempre fatto credere di essere una brava ragazza e lei ci aveva creduto.
Pensava ai pomeriggi passati all’oratorio sotto la custodia di suore-mastini che cercavano disperatamente di allontanare ogni pensiero impuro dalle menti di quelle che erano bambine sulla soglia dell’adolescenza.
Non si poteva giocare a Barbie, era peccato … avevano le tette e i capelli lunghi e biondi.
Il lucidalabbra era per le poco di buono … l'oratorio maschile zona off-limits… la Smemoranda proibita!
Pesava al modo col quale l’aveva allevata la nonna.
Le sere passate col rosario in mano a ripetete all’infinito quello che a lungo andare sembrava una filastrocca senza molto senso.
Le storie dei santi e dei martiri morti in maniera orrenda in nome di un Dio che non si poteva vedere e toccare ma che ti assicurava il Paradiso, se lo avessi seguito.
Seguito? Ma dove?
Solo una cosa le piaceva e la faceva sentire al sicuro: la storia dell’angelo custode che vegliava su di lei in ogni istante le dava coraggio e la faceva sentire al sicuro.
Pensare di essere protetta da una presenza invisibile – che nel suo immaginario era un bambino cicciotto e riccioluto avvolto da un alone turchino - la faceva sentire diversa dagli altri, “magica” come l’Incantevole Creamy.
- Sono sicuro che sai fare anche i massaggi ... verresti a casa mia a farmene uno? -
L’espressione di lui aveva assunto una piega infantile e perversa nello stesso tempo.
La stava spogliando con gli occhi e lei era pronta a fare tutto quello che lui avrebbe chiesto pur di ottenere la spinta per entrare nel mondo che un anno fa era riuscita a sfiorare appena con un dito.
Lui era potente e lei lo sapeva.
Lui conosceva le persone giuste che l’avrebbero aiutata.
Lui non mentiva.
Era disgustoso nell’aspetto con tutti qui chili in più e quella testa pelata, ma il potere che aveva lo faceva sembrare agli occhi di Clem un’appetitosa gallina dalle uova d’oro.
- Cosa vuoi che io faccia per te? -
- Vorrei lavorare in tv … vorrei che la gente mi riconosca per strada, vorrei fare la giornalista televisiva … anzi … prima magari mi piacerebbe scrivere un libro … chiedo troppo?-
Lui godeva nel sentirla sognare ad alta voce. Sembrava una bimba intenta a raccontare quello che aveva scritto sulla letterina per Babbo Natale.
- Io posso fare tutto quello che vuoi. Mi basta poco, qualche telefonata giusta .... Non sto scherzando e tu lo sai .-
Per lui quello era un gioco da ragazzi: aveva amicizie nascoste ovunque, in ogni settore dell’editoria, della tv, del “bel mondo” e non si sarebbe lasciato scappare l’occasione di dimostrare per l’ennesima volta a qualcuno che “lui poteva”.
- Allora me lo faresti un massaggio? Ma come mi vuoi? Guarda che pero' lo voglio fare nudo…-
Clem continuava ad annuire e ad alimentare le sue fantasie.
Si auto convinceva che quello era solo un “lavoro”: in quel momento era chiamata a recitare in un film la parte più importante della sua vita … era il SUO FILM, la sua sceneggiatura e solo lei poteva far sembrare “normalità” ciò che nella realtà era “puro disgusto”.
Ogni volta che entrava nel suo ufficio Clem si calava nella sua parte.
Aspettava ansiosa il “ciak” che scattava nel momento in cui la porta si chiudeva inesorabilmente alle sue spalle e poi prendeva posizione, china con la testa tra le sue gambe.
Era difficile tornare a concentrarsi sul lavoro una volta finite le “riprese”.
Non si sentiva una zoccola … no, lei era una bravissima attrice.
Se solo la gente avesse saputo del sacrificio che stava facendo per raggiungere i suoi sogni …
Non la vedeva come una scorciatoia, affatto, la vedeva come un atto di fede nel suo ideale di successo: era disposta a calpestare la sua dignità, la sua integrità morale – sempre che ne avesse avuta una – la fiducia delle persone che le volevano bene pur di arrivare ad avere il suo posto sotto i riflettori.
Perché era quello il suo posto, lo sapeva fin da bambina, quando in prima elementare cantava le canzoni di Madonna tenendo un finto microfono in mano e ballando davanti allo specchio.
Quando all’asilo voleva a tutti costi avere la parte di protagonista nella recita d i Natale …
Quando l’anno prima l’avevano scelta per leggere le notizie flash in una piccola emittente locale.
La prima volta che i riflettori si erano accesi su di lei e aveva potuto vedere la sua immagine nello schermo sotto il gobbo, pensava di avercela fatta. Quello era il suo posto. Il primo passo verso il destino di personaggio pubblico.
Ma poi il destino era rapidamente cambiato … i suoi sogni abortiti da un giorno all’altro.
Il palloncino che la teneva con i piedi staccati da terra si era sgonfiato con la fine del suo stage. Per lei si era aperta la porta di uscita, sul retro.
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