domenica 13 febbraio 2011

Ambizione

Maledico il giorno in cui decisi di andare a farmi tatuare sul collo quel simbolo. L'ideogramma dell'ambizione. Il valore a cui ho giurato fedeltà sopra ogni cosa.
Ora come mai lo sento addosso come la lettera scarlatta, un marchio indelebile che mi ricorda ogni giorno la strada che ho deciso di intraprendere. Una strada apparentemente luccicante, agevole e in discesa … in realtà deleteria all'animo e alla sua necessità di salvezza.

Il suo dito sfiorò il collo bianco. I capelli erano raccolti in una striminzita coda di cavallo.
Nina era così concentrata nel lavoro che si accorse della sua presenza solo quando ci fu quel leggero tocco.
Fu la prima volta che lui la toccò. Una sciocchezza agli occhi delle persone che stavano lavorando con Nina in ufficio … un gesto che si perde nella moltitudine di gesti che in genere si compiono automaticamente … come mettere la mano dinnanzi alla bocca quando si sbadiglia o rispondere con un - prego- ad un -grazie- ricevuto.

Un semplice gesto fatto per sottolineare la domanda: - Che cosa significa? -
Lieve e fresco come un alito di vento. -Non si può dire!- Nina sapeva che così facendo avrebbe alimentato la sua curiosità e lo avrebbe costretto a chiederglielo di nuovo fino a diventare insistentemente fastidioso. 
-Dai dimmelo! Non lo dico a nessuno … di cosa ti vergogni? - Nina sapeva che la risposta sarebbe stata fraintesa. - Non posso dirglielo qui, davanti a tutti! - Rapidamente prese un foglio bianco e scrisse in stampatello: AMBIZIONE.

Era quasi giugno e Milano diventava insopportabile già di prima mattina con quella sua cappa soffocante che toglieva il fiato e faceva venire voglia di starsene fermi e immobili tutto il giorno.
Nina lavorava da quasi quattro mesi in quell'ufficio, ma le sembrava fosse trascorsa un'eternità: aveva imparato molte cose fino a quel momento … cose che all'università aveva cercato di apprendere in maniera meccanica in funzione degli esami e che, a prova terminata, venivano sempre sgomberate e relegate nello sgabuzzino polveroso della memoria. Vomitate liberatorie dopo l'abbuffata che le aveva sfinito il cervello.
Analisi della concorrenza, pianificazione media, stesura di un report, monitoraggio di una campagna … ma perché mai non si possono imparare le cose solo quando vi è la necessità?
Che senso ha riempire la zucca con mille nozioni quando poi è ovvio che più della metà andranno perse e rimarranno li, inutilizzate, in qualche cassettino della memoria?
Nina era una ragazza sveglia e con un gran senso pratico: non aveva tempo da perdere per imparare cose che non le sarebbero servite.
Se doveva studiare dieci libri per un esame lo faceva cercando di capire in anticipo  quello che le avrebbero chiesto, le parti fondamentali e quelle invece evitabili; magari ben riassunte su qualche compendio veduto sottobanco in copisteria.
Schemi colorati, mappe concettuali … e poi tanti stratagemmi appresi a partire dai banchi delle elementari fino ad arrivare a quelli del liceo: il tutto per ottenere il massimo con il minimo sforzo.
Bigliettini nell'astuccio, mani piene di formule, libri nascosti in bagno, compagni compiacenti che passavano la versione di greco o di latino in qualche foglio appallottolato.
In un modo o nell'altro Nina ce l'aveva sempre fatta: minimo sforzo, massima resa!
- Ambizione eh?, brava,ottima cosa! Ricordati che è solo grazie a quella che si possono ottenere grandi risultati. Tutti gli uomini potenti hanno quel che hanno grazie alla loro ambizione.
- Murdok, Berlusconi … loro si che hanno avuto fede nell' ambizione!-

Mia nonna mi aveva sempre messo in guardia dall'essere ambiziosa.
L'ambizione è del diavolo! Mi diceva quando ancora ero piccolina e guardavo i cartoni animati mentre facevo merenda. In genere quando in casa sua si usava il termine "ambizioso" era per indicare una poco di buono, una facile o meglio … "allegra".
Ma che c'è di male nell'esser allegri? È un peccato la serenità? Faticavo nel comprendere il motivo per cui una persona non potesse essere allegra.
Solo ultimamente capii che l'allegria che intendeva mia nonna era un'allegria agrodolce, stridula come le unghie passate sulla lavagna, vera come il sorriso di una statua di cera.

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