scriverò di quello che è successo ieri solo quando riuscirò ad accettarla come un errore lontano che non ripeterò più.
La sensazione che ho avuto è stata quella dello sdoppiamento. Dell’abitare per un paio di ore scarse in un altro corpo. La mia mente si era bloccata e cercava di non pensare alle persone che mi volevano bene e che avrebbero pianto solo vedendomi fare quello che ho fatto.
Mi sento in un vicolo cieco, dove non trovo nessuno con cui parlare. Mi convinco che forse è il caso di banalizzare l’accaduto. Poi mi ripeto in maniera ossessiva che si è trattato di un bruttissimo sogno. Ma non posso fare a meno di odiarmi e provare un assoluto disgusto per me stessa.
In famiglia fingo che il problema sia legato solo a Filo. Se fosse solo questo …
Ricordi quando qualche anno fa finii a letto con una persona di cui non mi interessava nulla e che mi attirava solo perché era "qualcuno" (anzi, il nipote di "qualcuno"). Nemmeno lo conoscevo bene.
Che orrore: mi sono sentita sporca: un vero e proprio auto-tradimento. Un'immersione a testa in giu' nel cesso sporco di una stazione.
Ma questa volta è peggio.
Molto più grave.
La sensazione di dolore che viene dallo stomaco è amplificata 1000 volte … vorrei cambiare nome, città e faccia. Lavarmi. Scorticarmi. Scarnificarmi fino a vedere il bianco delle ossa.
Ho un gran casino in testa: sono un elefante in una cristalleria.
Ogni movimento che faccio provoca reazioni a catena a dir poco devastanti.
Se qualcuno dovesse saperlo ne morirei … Stai zitta, sorridi, va tutto bene, non è successo niente.
Un bel niente.
Rincasando ieri, dopo lo schifo, i miei occhi non volevano più vedere nulla, ma le immagini che continuavano a scorrermi davanti erano implacabili.
I vestiti che cadevano, l'olio al sandalo e corteccia, il letto sfatto, le pareti immobili e mute di fronte a quei tre corpi ridicolmente intrecciati in viscidi abbracci.
Un orco tra due fate: un grottesco trio tristemente tenuto assieme da stupide illusioni.
A carnevale, ogni anno, la mamma mi portava a casa un vestito sempre diverso: da squaw, da pirata, da ape, da coniglio. Non mi sono mai piaciuti, ma non l'ho mai detto per non farla rimanere male.
Non avevo grandi ambizioni: io volevo semplicemente vestirmi da fatina.
Finalmente casa. Ho trovato i nonni e, seduta al tavolo con l’aria sfatta dall'afa pesante subita durante il viaggio in treno, mi sono messa ad osservare il volto del nonno da vicino: lo sguardo più dolce che abbia mai visto, sereno, infantile, ingenuo, carico di quell' innocenza che avrei tanto voluto avere anche io.
Sta per salire un temporale. Devo assolutamente dormire. Ma lo stomaco mi scoppia.
Prima mi chiudo in bagno e vomito tutta la mia solitudine.
Non voglio ammetterlo, ma so bene che ultimamente la debolezza mi sta schiacciando senza pietà.
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